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Scanno è un vero gioiello del nostro patrimonio paesaggistico, artistico, culturale.
Luogo d’elezione di fotografi e artisti, da Henri Cartier-Bresson a Mario Giacomelli a Gianni Berengo Gardin sino a Maurits Cornelis Escher che, incantati dai suggestivi scorci in pietra tra vicoli e cimmase (le caratteristiche gradinate), i portali e gli stemmi dei palazzi nobiliari e le silenziose e regali abitanti del luogo, hanno portato Scanno in tutto il mondo attraverso le loro opere.
Celebre per le antichissime tradizioni della lavorazione orafa a filigrana e dell’arte del ricamo al tombolo, è caratterizzato dall’antico costume nuziale della donna, di derivazione saracena, che ancora oggi è possibile vedere indossato, nella versione quotidiana, da una ventina di anziane signore scannesi, vere Regine di Scanno ed emblema di una cultura che rappresenta tutt’oggi una singolare enclave matriarcale nella storia culturale del nostro Sud.
Lo squarcio montano delle gole del Sagittario e l’arrivo al paese anticipato dalla visione di un lago smeraldino a forma di cuore, fanno di Scanno quel luogo incantato, sospeso nello spazio e nel tempo, in cui possono aver voce tutte le istanze di cambiamento e progresso, nel segno delle donne che da sempre tramandano e da sempre sono in grado di immaginare rivoluzioni.
L’origine del nome comunemente si fa risalire al latino scamnum (“sgabello”), perché il colle su cui è stato costruito il centro storico somiglierebbe a una piccola panca. In realtà il termine è più vicino ai fitotoponimi abruzzesi scandalo e scannèlla che indicherebbero il nome di una varietà rustica di orzo o le località in cui si coltivava.
Gli studi più recenti suggeriscono che Scamnum era un termine che indicava il confine che divideva la centurie in cui un terreno, conquistato dai romani veniva diviso e assegnato ai veterani/contadini. “Est ager scamnatus qui appellatur, qui in longitudinem maiorem iugerum numerum habebit quam in latitudinem” (È definito agro scamnato quello che avrà un numero di iugeri – lo iugero corrispondeva a un quarto di ettaro, arabile in un giorno, da termine “giogo” della coppia di buoi – maggiore nel senso della longitudine rispetto alla latitudine). Questa etimologia è supportata dgli studi di toponomastica antica, in particolare in riferimento a omonimi Scamnum, ubicati presso Latiano, in provincia di Brindisi e in numerose località in Puglia, nel Cilento e altrove. Ancor più valida questa lectio per la nostra Scanno, poiché avvalorata da due epigrafi, dedicate a un quattuorviro e aun decurione, entrambi iscritti nella tribù Sergia, cui furono ricompresi i popoli Peligni e del circondario, soggiogati da Roma. A far data dal 1047 il nome è riportato come: Scamnum, Scannum, Scagium, Scampium, Scandum. Ulteriore argomento è che il nucleo più antico è ancora oggi chiamato “Pajjacce”, Paliano, nome che richiama secondo alcuni Panis-Ara, dal dio greco dei boschi Pan ma, più probabilmente, richiamante la dea Pales (lat. Pales-Palis), dea dei pastori, stessa radice che nomina il Palatino, dove Romolo, pastore, tracciò il solco. (da “Scanno, viaggio nel paese dei fotografi e delle pietre narranti, di Pasquale Caranfa, 2020, Portofranco, Aquila).
Come risulta da una lapide romana conservata nel Museo della lana Scanno risulta già abitata in epoca romana, all’estremità nord del territorio dei Sanniti. Un antico insediamento presente nella valle del Sagittario è il pagus Betifulus, che è stato identificato con un centro minore dei Peligni la cui fortificazione doveva situarsi sulle pendici meridionali del colle di Sant’Egidio. Di questo centro si ha testimonianza viva nelle locali leggende popolari, infatti un mitico re di Batifolo in lotta contro l’Imperatore di Roma o contro il mago Pietro Baialardo compare in una storia sulla nascita del lago di Scanno. Un’antica lapide inoltre ritrovata in località Acque Vive di Scanno ricorda un decurione di Betifulo.
Durante le invasioni barbariche Scanno rimane illesa per la struttura difensiva dei monti intorno al paese, ma durante le invasioni saracene prima e ottomana poi invece non subì le stesse sorti. In questo periodo Scanno ha delle influenze orientali per il vestito femminile del paese. Infatti il copricapo femminile sembra un turbante, mentre i drappeggi del vestito sono colorati alla maniera orientale.[senza fonte] Nel 1067 risulta pertinenza del Monastero di S. Pietro Apostolo di Villalago: in questo anno i Conti di Valva Todino, Oderisio e Bernardo donano il monastero a Montecassino e con esso anche tutte le sue appartenenze. Durante il Medioevo segue le vicende feudali del contado peligno.
Il terremoto della Marsica del 1915 distrusse completamente Frattura vecchia. Centro che si spostò nel sito originario col nome di Frattura nuova o semplicemente di Frattura. Durante la seconda guerra mondiale, Carlo Azeglio Ciampi (cittadino onorario) si rifugiò a Scanno, ospitato da una signora del posto.[senza fonte] Nel 1956 è stato girato a Scanno e dintorni il film Uomini e lupi con Silvana Mangano e Yves Montand. Il terremoto dell’Aquila del 2009 provoca lievi danni alla Chiesa della Madonna delle Grazie e alla chiesa di Sant’Antonio da Padova.
Nota come la città dei fotografi, luogo apprezzato da diversi autori italiani e stranieri, i suoi scorci e la sua gente sono stati lungo tutto il Novecento i soggetti di numerosi scatti realizzati da Hilde Lotz-Bauer, Henri Cartier-Bresson, Mario Giacomelli, Renzo Tortelli, Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna, Mario Cresci e altri; nel 1964 fu proprio una fotografia scattata a Scanno da Mario Giacomelli a entrare a far parte della collezione permanente di opere fotografiche del Museum of Modern Art di New York. Questa immagine è conosciuta come Il bambino di Scanno, o Scanno Boy.
Simboli
Lo stemma comunale e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 7 agosto 1990.
«D’azzurro, al castello d’argento, murato di nero, chiuso dello stesso, con il coronamento privo di merli, torricellato di tre pezzi, merlati alla guelfa, la torre centrale più alta e più larga, merlata di cinque, finestrata dì due, di nero, in palo, le torri laterali merlate di tre, finestrate di uno, di nero, esso castello fondato sul terreno ristretto di verde. Ornamenti esteriori da comune.»
Il gonfalone è un drappo di verde.